CRISTIANI STRANIERI NEL PROPRIO PAESE
Marsala -
10/10 - 2014
Gentile dottor Landi,
Mi riferisco al suo dotto intervento
a proposito di cittadinanza.
A differenza del cittadino europeo e
in particolare dell’italiano, è da ricordare che il cittadino
arabo sia cristiano che musulmano, ha una identità
intimamente legata al suo
credo religioso alla sua comunità prima ancora che allo stato di
appartenenza.
Tra il 19mo e il 20mo secolo milioni
di europei sono emigrati e
stabiliti
in africa del nord e nel
medio oriente contribuendo sostanzialmente allo sviluppo
economico e culturale dei paesi africani senza quasi mai
radicarsi nel tessuto sociale, si sono ritrovati poi espulsi
ritornando nei loro paesi di origine. Nello stesso tempo le
potenze europei hanno gareggiato per erigersi a protettori dei
cristiani davanti alle autorità ottomane per esentarli
dall’applicazione delle leggi islamiche a forte discriminazione
rispetto ai non musulmani cosi da acquisire una influenza sulla
governabilità di questi paesi. Alcune comunità cattoliche,
minoranza della cristianità locale, hanno usufruito di detta
influenza per cercare di sottrarsi alle discriminazioni del
sistema giuridico tutt’ora in essere nel nostro ventunesimo
secolo. Questo stato di cose ha influito sull’atteggiamento dei
musulmani verso i cristiani locali in senso lato considerandoli
stranieri nel proprio paese.
Questo riguarda specialmente la
situazione del Medio Oriente per la buona ragione che la
cristianità era sparita dal Nord Africa nonostante che ancora
nel XI secolo esistevano ancora mille duecento vescovi.
In quanto ai copti in Egitto sono i
cristiani più numerosi del medio oriente sopravvissuti a
numerosi massacri discriminazioni e vessazioni nel corso dei
secoli grazie all’attaccamento alla loro terra e loro clero
tenendo un profilo basso; a differenza degli altri paesi il loro
flusso emigratorio ha preso inizio soltanto con l’era di Sadat
poi proseguito con Mubarak, durante tale periodo lei si
ricorderà che il Patriarca era stato imprigionato per alcuni
anni dopo aver sollevato critiche sulle politiche
discriminatorie e vessatorie delle autorità verso i cristiani.
Per farla breve la chiesa copta
egiziana è radicata nella sua terra ed è sopravvissuta grazie al
suo basso profilo niente a che fare con la ricerca di protezione
dal governo, molto fieri delle loro tradizioni religiose. A
seguito della distruzione di 83 edifici religiosi in Egitto il
14 agosto 2013 ad opera dei loro confratelli musulmani ho
sentito dire da alcuni vescovi “possono bruciare le chiese di
pietre ma loro non sanno che la Chiesa si trova nei nostri
cuori”. Capisco che certe apparenze ingannano specialmente chi
non frequenta il popolo locale, non conosce le consuetudini o
non riesce a percepire il loro sentimento profondo per ignoranza
della lingua o per diversa educazione. Per inciso non sono copto
ma egiziano di nascita, credo nel dialogo con il rispetto delle
opinioni e dei fatti.
Giuseppe Samir Eid
RC Milano Sud-Est