EUROPA, MONDO ARABO E CULTURA
A latero dell'incontro .... In Vaticano - 2013
La cultura è componente essenziale per migliorare la sinergia
tra i fattori produttivi e i poteri decisionali, fa da ponte tra
le risorse umane di una azienda specie se multinazionale
operando su due continenti o a livello planetario. L’Africa del
Nord e il Medio Oriente rappresentano un mercato di oltre
trecento milioni di abitanti a poche ore del’Italia ma che
riceve poca attenzione d’investimento al di fuori del campo
dell’energia. E necessario sviluppare una strategia per favorire
l’espansione della nostra media impresa verso questi mercati con
un ritorno proficuo per gli attori in termini di sviluppo
dell’area di scambio, della società africana in questo caso
araba, e di ritorno sull’investimento.
Intendo fare giungere
la nostra voce affinché il Governo unitamente al Parlamento
Europeo si faccia sempre promotore efficace di giustizia,
libertà e pacifica convivenza fra le popolazioni dell’area
mediterranea. La stragrande maggioranza degli arabi vive in
estrema povertà, in quanto lo sviluppo demografico non è
accompagnato da una crescita economica adeguata. Occorre un
cambiamento radicale nella formazione dei cittadini, un problema
di cultura, allo scopo di far comprendere a tutti di essere
uguali e che la violenza è intollerabile. E’indispensabile
chiedere al mondo arabo di lavorare sull’educazione, sui media,
sui libri di testo nelle scuole e perfino invitare a questa
linea educativa e di pace, gli imam che hanno in mano il
formidabile strumento delle prediche nelle moschee. La migliore
risposta all'estremismo è creare un fronte internazionale unito
che si appoggi su standard universali di libertà di credo e
religione parte integrante dell’identità dell’individuo.
Certo é che l’Europa e l’Italia in particolare ha interesse per
un M.O. e Nord Africa stabili, ma un siffatto obiettivo é
possibile col promuovere lo sviluppo tecnologico, garantendo il
flusso del petrolio, mettendo freno all’emigrazione, creando un
clima di fiducia tra le popolazioni e realizzando la sicurezza
delle frontiere concordate e riconosciute. A livello politico è
importante che l’Occidente, negli scambi tecnologici o di
mercato, sappia unire o subordinare anche scambi culturali con
criteri di reciprocità sopratutto per la gente semplice, il
popolo, alla effettiva promozione nel paese dei valori di
libertà civile e religiosa per tutti senza discriminazione
alcuna e che, al riguardo, vi sia una intensa opera di
monitoraggio. La stabilità sociale attraverso la cultura porterà
pace e di conseguenza uno sviluppo economico dell’area
mediterranea a beneficio degli attori interessati.
Commento inviato
trasmissione di stamane domenica 17/10/10 molto interessante
specialmente le interviste ai rappresentanti musulmani, non
direi dell’islam. Sammakh da sempre coinvolto nel dialogo, Il
mufti della Siria Hassoun è stato molto logico.ha anche detto
che la pratica della religione è condizionata dalla cultura del
popolo, sappiamo che questa è influenzata da i testi scolastici!
Ma uno si chiede:nonostante i mufti siano dei leader religiosi
riconosciuti rimangono sempre stipendiati dallo Stato e dal
Governo (dittatore) in carica. Allora perché quel fossato tra
parole, intenzioni, wishful thinking, e la realtà? Me lo ha
confessato Al Khatami alla Gregoriana: il fossato dipende da un
problema politico e non religioso. Mi domando allora, ma se il
religioso dipende dal politico? Un circolo vizioso sul quale la
politica occidentale dovrebbe puntare con più incisione. cosa ne
pensa? Cosa possiamo fare?
Grazie e complimenti.
"Engage life for what worth and remains"
Giuseppe Samir
Eid
Il papa e i fratelli musulmani
Il papa e i fratelli musulmaniL’immigrazione dei musulmani ci ha
fatto prendere coscienza del‘identità di fondo e dei valori sui
quali la nostra civiltà si è sviluppata ma ai quali molti di noi
si sono assuefatti; lo considero un esempio della ricchezza che
può essere generata dalla globalizzazione. Una ricchezza che può
realizzarsi offrendo alla persona immigrata dignità e
l’opportunità di uno sviluppo umano per una integrazione
propositiva, in contrasto con l’esclusione. Inclusione invece
non può voler dire spostarsi un po’ per far posto anche
all’altro, a qualsiasi altro. Vuol dire costruire con la ragione
un quadro di valori umani, una cornice del bene comune e dentro
questa cornice far posto a chi la condivide, pur se di religione
o di cultura diversa. Senza di ciò non si dà vera inclusione.
Questo compito è eminentemente politico e la politica che se ne
volesse esimere, limitandosi ad accogliere senza includere, non
svolgerebbe il proprio ruolo.
Mi auguro che ogni Comunicatore religioso e non, musulmano o
altro si senta impegnato ad essere infaticabile operatore di
pace e strenuo difensore della dignità della persona umana e dei
suoi inalienabili diritti.
Un ultimo augurio non meno
importante anzi è che i responsabili della comunicazione della
Santa Sede provvedano a far pubblicare e circolare su i media
islamici, televisioni radio e carta stampata, i buoni propositi
scambiati a livello alto pena che rimangono veramente in alto
senza raggiungere il popolo..
Giuseppe Samir Eid