DIALOGO ISLAMO CRISTIANO

CONOSCERSI PER CONVIVERE E COSTRUIRE LA PACE

 

HOME   ARTICOLI   RIFLESSIONI   CONTATTI


 

DIASPORA DEI CRISTIANI ORIENTALI

Incontro di civiltà Bari - 1/05-2006

La prima diaspora si estende dai primi secoli del cristianesimo fino al secolo VIII, non presentando però le caratteristiche di fuga che ha ai giorni nostri, ma con lo scopo di propagare la fede cristiana.
L'evangelizzazione si spinse dalla Siria sino alle rive occidentali del Mediterraneo e addirittura verso l'estremo Oriente.
Punto di riferimento di queste imprese missionarie era la Chiesa di Antiochia, città nella quale l'apostolo Paolo sostò e che divenne punto di riferimento per la preparazione dell'evangelizzazione.
Sotto il dominio arabo le comunicazioni tra il mondo orientale e quello occidentale furono pressoché nulle; fu solo al tempo dell'impero ottomano che si verificarono migrazioni locali per sfuggire a un governatore che esagerava nel suo zelo persecutorio, pur se l'emigrazione era comunque minima.
Dopo il breve intervallo dell'occupazione napoleonica, nel 1805 sale al potere Mehemet Alì, deciso a guidare l'Egitto verso il risveglio economico e culturale con l'apporto delle minoranze e degli europei, cosa che porterà all'arrivo di molte minoranze dai Paesi limitrofi e dalla stessa Europa. Seguì poi un'emigrazione verso il Sud America, dove si formarono agglomerati o quartieri suddivisi per luogo di origine, ma senza alcuna distinzione tra cattolici e ortodossi, al contrario di quanto succedeva in patria.
Da questa emigrazione non restano escluse neanche le comunità musulmane; anch'esse scelgono di vivere in altri Paesi, specie per motivazioni economiche.
In tempi più recenti si assiste ad una forte emigrazione di cristiani dall'Egitto verso l'Europa e il Nord America, soprattutto dopo la salita al potere di Nasser, fautore di un governo totalitario e dittatoriale, mirante alla costituzione di uno stato panarabo a forte connotazione islamica.
Cristiani ed ebrei di origine europea sono così costretti a tornare ai loro Paesi d'origine, soprattutto Italia, Francia, Grecia, Malta e Gran Bretagna. Gli ebrei locali emigrano in Israele, fondato nel 1948, mentre i discendenti dei primi immigrati siro-libanesi puntano principalmente verso Libano e America.
L'emigrazione non risparmia nemmeno i copti, notoriamente poco inclini ad abbandonare le rive del Nilo.
Oggi il numero dei cristiani emigrati è sproporzionato rispetto a quelli che rimangono; infatti, i cristiani che rimangono nei Paesi arabi sono in continua diminuzione, soffrono del complesso del ghetto e vedono un futuro incerto.
Con questo, sta per essere annientato il patrimonio arabo-cristiano a causa delle forti discriminazioni subite dalla minoranza cristiana.
Prendiamo come esempio la comunità greco-melkita-cattolica del Cairo. Dal 1950 al 1970 i fedeli della comunità sono passati da 16.000 a 6.000: i giovani, costretti ad emigrare, causano la disgregazione del nucleo familiare, diminuiscono le nascite e aumentano i decessi, provocando appunto la riduzione della comunità.
All'inizio del '900, la città di Aleppo in Siria era a maggioranza cristiana: oggi sopravvivono forse 100.000 cristiani su una popolazione che conta 1.300.000 unità.
Solo trent'anni fa il Libano era considerato esempio di pacifica convivenza fra i cristiani, che erano la maggioranza, e i musulmani. Oggi la situazione sta precipitando.
Anche in Turchia i cristiani sono quasi ovunque scomparsi, mentre all'inizio del '900 erano il 32% della popolazione; in Iraq sono scesi dal 35% al 5; in Iran dal 15% al 2; in Siria dal 4% al 10; in Palestina e Giordania dal 25% al 4. Si tratta di un vero e proprio esodo dovuto, purtroppo, alla persecuzioni spesso velate alla quali i cristiani sono sottoposti: viene negata la partecipazione alla vita pubblica in quanto possono accedere alle cariche solo i musulmani; viene negata la libertà di associazione e di culto; vengono vessate zone e atteggiamenti (indossare collane con la croce, portare appresso libri sacri) che limitano la libertà personale più semplice e via discorrendo.
Per quanto riguarda i luoghi santi, Gerusalemme contava 33.000 cristiani nel 1948, nel 1993 erano solo 8.000 su una popolazione di 493.000. Tenuto conto che il tasso di crescita demografica locale dovrebbe essere 70.000, la proporzione risulta nove volte inferiore ed è dovuta all'emigrazione verso l'Occidente.
I pochi fedeli rimasti sono suddivisi in numerose comunità cristiane raggruppabili, a seconda della provenienza, nelle seguenti estrazioni:
1) - siro palestinese alle quali appartengono le comunità greco ortodossa, greco melkita cattolica, siriaco ortodossa, siriaco cattolica e maronita, originate dall'incontro tra la cultura ellenistica e siriaca;
- la comunità latina, fondata dai crociati e restaurata nel 1847, formata dai cristiani locali che hanno il rito latino;
- le comunità anglicana e luterana composte da fedeli arabi locali;
2) - estrazione armena che forma la Chiesa armena presente nel Paese da tempo immemorabile;
3) - estrazione copta che forma la Chiesa copta proveniente dall'Egitto;
4) - estrazione etiopica originaria dell'Etiopia.
Le autorità locali si sono accorte da tempo della riduzione della presenza cristiana e si sono adoperate in vari modi per frenare l'emigrazione dei giovani procurando alle coppie casa e lavoro e molte sono anche le iniziative delle Chiese stesse per incrementare l'arrivo e la residenza di pellegrini di tutto il mondo.
Fonte: Giuseppe Samir Eid: "Cristiani e musulmani verso il 2000", Paoline, Milano, 1995.
a cura di Alessia Biasiolo


Giuseppe Samir Eid

 

Samir Eid Raccolte

Intendono fornire gli strumenti per una inclusione sociale del flusso migratorio, gettare una luce sui diritti umani e la condizione di vita dei cristiani nel mondo islamico da cui proviene l'autore.La conoscenza dell’altro, delle diversità culturali e religiose sono ingredienti primari per creare la pace nei cuori degli uomini ovunque, premessa per una serena convivenza e convinta cittadinanza sul territorio.