IRAK NON SOLO PETROLIO - II
12-2003
Non è utopia
Un arabo cristiano ci
scrive sull'Iraq. Si chiama
Giuseppe Samir Eid ed è autore di saggi sui rapporti tra
cristianesimo, ebraismo e islam. All'analisi che ci ha trasmesso
ha dato per titolo:
"Iraq: non solo
petrolio".
Titolo appropriato.
Perché la scommessa sul futuro del paese del Tigri e
dell'Eufrate va molto oltre la ricchezza materiale. é un
progetto di libera e pacifica convivenza tra popoli e religioni.
E proprio dall'Iraq questo futuro può nascere e ridare speranza
anche alla Terra Santa e al Libano e a tutto il tormentato Medio
Oriente. "Non è utopia", conclude Samir Eid la sua analisi.
Leggere per credere.
La guerra del
Golfo-2003
La scommessa sul
futuro del paese del Tigri e dell'Eufrate va molto oltre la
ricchezza materiale; é un progetto di libera e pacifica
convivenza tra popoli e religioni, tra musulmani, ebrei e
cristiani. E proprio dall'Iraq questo futuro può nascere e
ridare speranza anche alla Terra Santa e al Libano e a tutto il
tormentato Medio Oriente. : L’Iraq non è solo petrolio, non è
utopia..
L’intervento armato
in Iraq ha radici profonde e remote che potrei far risalire a
più di un secolo indietro e riguardano la situazione del mondo
arabo mediorientale in generale. Mi riferisco in particolare ad
alcuni eventi che hanno influito profondamente sullo stato dei
sentimenti dei popoli arabi verso il l’Occidente e gli Stati
Uniti in particolare, propiziatori dell’intervento armato in
Iraq: fatti che hanno provocato il risentimento verso
l'Occidente, dettagliatamente descritti nei capitoli precedenti
e sfocciati nell’attacco alle torre gemelle l’undici settembre
duemila uno.
Dopo l’11 settembre 2001…
L’instabilità del medio oriente accompagnata dall’odio diffuso
contro l’Occidente sono risultati i principali alimenti del
terrorismo islamico, fonte di pericolo non soltanto per gli USA
ma per tutto l’Occidente e per gli stessi governi dell’area
mediterranea. Una popolazione araba frustrata nelle sue
aspirazioni in termini di educazione, assistenza sociale,
sanitaria, prosperità, sarebbe facile preda del disordine
politico, continuando a rappresentare una minaccia per la
stabilità della regione e del mondo. Nello stesso tempo, la
presenza maggioritaria di terroristi di nazionalità saudita ha
scosso la fiducia degli USA verso l’alleato di ferro, principale
fornitore di greggio ma pur sempre finanziatore dei movimenti
islamici avversi al modo di vivere occidentale.
Lo scopo principale dell’intervento armato in Iraq nel marzo
2003 è stato, a mio avviso, di tentare di instaurare nel cuore
del mondo arabo, alle porte dell’Arabia Saudita, un governo che
porti stabilità e non intralci il processo di normalizzazione
dei rapporti tra palestinesi e israeliani; portare benessere
economico e sicurezza che servano da esempio di governo nella
regione. Il tutto finanziato con il ricavo del petrolio
iracheno. Lo sviluppo e la giustizia in un clima di libertà
saranno il propellente per la pace nel Medio Oriente, isolando
le frange estremiste e proponendo un esempio di nazionalismo
(arabo e israeliano) privo di estremismo religioso: il sogno
della convivenza tra musulmani, ebrei e cristiani.
L’eliminazione della turbolenza nella regione toglierebbe ai
giovani il movente per emigrare, tesaurizzando il patrimonio
investito nei giovani arabi. In quanto alla democrazia, non è un
concetto “prêt-à-porter” che si applica su un corpo sociale
eterogeneo, ma con la libertà di espressione si potrà, in un
termine più o meno lungo, svilupparne il processo rispettando i
valori ancestrali e il pluralismo. Se la dinamica di pace
troverà finalmente spazio nel Medio Oriente, lo stato ebraico,
con la sua democrazia e la sua sviluppata economia di mercato,
ma desistendo dallo stato confessionale, non rischia più di
trovarsi isolato in un'area dove crescerà la coesione fra i
paesi arabi, ma piuttosto agirebbe in sinergia con loro.
Ad eccezione del Libano, sino all’intervento della forza di
occupazione siriana, il mondo arabo non ha conosciuto la libertà
di espressione. Per il Libano, liberato dal controllo siriano,
si presenta l’opportunità di ritrovare il suo leggendario
spirito imprenditoriale, che ha costituito la forza della sua
economia e il motore dello sviluppo economico dei paesi del
Golfo.
Il pluralismo religioso e la vivacità culturale che potrebbero
derivare dalla libertà di espressione nel Medio Oriente con il
nuovo corso, darebbero vigore alle antiche civiltà di questa
regione, che potrebbe riprendere il ruolo di ponte fra Oriente e
Occidente. Sperare oltre ogni speranza.