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Scuola araba a Milano:
Dieci Ragioni per un NO!
16/10 - 2016
Nel
mondo globalizzato, le scuole a carattere nazionale sono sorte
al di fuori dei confini nazionali, principalmente a seguito
delle aziende multinazionali per i figli dei loro dipendenti
trasferiti all’estero per un periodo temporaneo. Ragione per la
quale esistono scuole americane o italiane nelle principali
città del mondo, ma non ancora scuole egiziane causa la non
diffusione di aziende egiziane al di fuori dei confini
nazionali, in ogni modo non a Milano dove esiste invece una
scuola libica per i dipendenti di aziende libiche presenti nel
territorio.
Prendo atto del fatto che la totalità degli allievi della scuola
proposta è egiziana o di tale origine. Vorrei però, rammentare
ai “Responsabili” e ai nostri politici che non si possono usare
indifferentemente la dizione di scuola araba e laica, araba
tout-court, egiziana o islamica, dimostrando cosi ignoranza
delle diversità culturali sottostante.
Sono partecipe con i sentimenti di solidarietà espressi da varie
parti, nonostante ciò, espongo le ragioni per un NO a questa
scuola a Milano:
1.Migliaia di famiglie d’immigrati, egiziane e non, hanno
trovato posto nelle nostre scuole statali, premessa per un
coretto inserimento nella società italiana. Domando per quali
ragioni ci si ferma a cento famiglie “tutte egiziane”? Tutte
musulmane? E proprio quelle? Quale la ragione fondamentale che
spinge a voler creare un’istituzione separata per i nuovi
cittadini?
2.La società egiziana conta oltre dodici percento di cittadini
non musulmani: come mai queste cento famiglie sono tutte
musulmane? Come mai nessuna famiglia cristiana ha sentito la
necessità di aderire?
3.Il desiderio di apprendere la lingua materna è lodevole e va
incoraggiato; esistono a tale scopo corsi volontari di lingua
araba al di fuori dei programmi scolastici, cosi da consentire a
questi bambini di poter, un giorno, preparare un esame di
equivalenza per entrare nelle università egiziane. Ma quanti
saranno quelli che vorranno proseguire il percorso nelle
università egiziane? Perché finanziatori e promotori della
scuola egiziana non pensano ad utilizzare parte dei fondi a loro
disposizione per potenziare tali corsi extra scolastici?
4. Le università cittadine riconosceranno i diplomi di fine
studi rilasciati dalla scuola egiziana di Milano? E le
università egiziane lo faranno?
5.Un certo numero di studenti sauditi e di altri paesi del Golfo
arabo frequentano la scuola americana di Milano: come mai non
hanno chiesto il trasferimento alla scuola egiziana?
6.La comunità marocchina è la più numerosa delle comunità
straniere a Milano: come mai nessuna richiesta per una scuola
marocchina?
7.Il Corriere ha riportato una dichiarazione dell'ambasciatore
egiziano a Roma, che «l'Egitto non ha nulla a che fare con
quella scuola».Proprio per il bene di questi bambini non
spetterebbe alle autorità egiziane trovare un accordo con quelle
italiane? Visto che l’intento e di preservare la conoscenza
della lingua araba non sarebbe il caso che sia la Lega araba ad
occuparsene per il bene di questi bambini e di tutte le comunità
che hanno l’arabo come lingua materna?
8.Il contenuto dei libri di testo di letteratura e di lingua
araba in dotazione nelle scuole egiziane non è sempre
compatibile con i valori della nostra costituzione e con il
pluralismo culturale e religioso esistente in Italia. Chi ha
verificato che i testi in uso siano privi d’insegnamenti
razzisti o discriminatori verso altre minoranze?
9.Il richiamo all’identità islamica, non è sempre compatibile
con l’assetto giuridico e socioculturale dei paesi europei. I
messaggi educativi proposti da alcuni centri islamici
frequentati dalle famiglie in questione sono coerenti con il
modo di vivere in Italia?
10.Le nostre scuole Pubbliche italiane insegnano la Libertà
religiosa, l’uguaglianza dei sessi, la disponibilità ad
osservare le leggi dell’Italia, la negazione del ghetto, e tutto
quanto significa la volontà di convivenza. Conoscendo la
dedizione dei nostri insegnanti, è proprio nelle aule
scolastiche che i figli degli immigrati vivono l’integrazione e
si costruiscono il loro futuro su basi solide, sia che vorranno
stabilirsi in Italia, tornare nel loro paese oppure viaggiare
nel mondo globalizzato.
Sempre per il bene dei nuovi cittadini confermo le ragioni per
il NO a “quella” scuola a Milano.
Giuseppe Samir Eid
Oggetto:Scuola
Data: lunedì 16 ottobre 2006 15.45
A:
"Giuseppe Samir Eid"
La società della comunicazione amplifica la diffusione di
notizie e commenti, ma rischia spesso di sovrapporre la
rappresentazione della realtà alla consistenza oggettiva dei
fatti. Il caso della scuola araba di via Ventura a Milano, di
cui tanto si discute in questi giorni, ne è una dimostrazione
lampante. Pensare che la maggioranza, o almeno una buona parte
degli immigrati arabi (specie se musulmani) preferiscano una
scuola separata per i loro figli è semplicemente falso. A Milano
e dintorni, nelle scuole pubbliche dell’obbligo, ci sono infatti
circa 20mila allievi che appartengono a famiglie provenienti da
paesi arabi. Alcuni addirittura sono iscritti in scuole
cattoliche o frequentano gli oratori. I mass-media - e le
istituzioni - prevalentemente ignorano questo dato, per
concentrare la propria attenzione su alcuni casi marginali di
irriducibili partigiani della difesa a oltranza dell’identità e
della logica della separatezza. Questioni quali il velo, il
presepe o il crocefisso interessano una ristrettissima
minoranza, vuoi di ottusi fondamentalisti, vuoi di italiani
convertiti che hanno preso in odio la loro cultura d’origine,
vuoi infine di laici oltranzisti che approfittano del pluralismo
per sollevare pretestuose e trite eccezioni di
costituzionalità... Una commedia all’italiana su sacrosanti
principii che convive con una sostanziale mancata gestione dei
fenomeni, lasciando passare surrettiziamente il messaggio che
nel Belpaese non esistono regole certe e che si può fare un po’
quel che si vuole, in attesa che qualcuno ci metta una pezza. E’
certamente vero che scuole straniere o confessionali sono
previste dall’ordinamento vigente, per cui non si vede il motivo
di negare l’autorizzazione a una scuola araba o islamica dato
che ce ne sono di cattoliche o ebraiche, di francesi o
americane... ma nel quadro di accordi coi paesi d’origine e
comunque nel rispetto delle normative. Una scuola straniera, in
genere, si giustifica per alunni che risiedano solo per pochi
anni in un altro paese e che vogliano evitare di perdere anni di
studio. Le statistiche ci dicono invece che oltre il 90% dei
figli degli immigrati arabi sono destinati a rimanere per sempre
in Italia. Pretendere di far loro seguire l’intero programma del
paese d’origine, a scapito di una decente acquisizione della
lingua e della cultura italiana, è prima di tutto un assurdo
pedagogico in quanto considera il bambino un recipiente vuoto
nel quale si possono versare indiscriminatamente tutte le
nozioni che si vogliono, raddoppiandone l’impegno e facendo
finta d’ignorare che sarà il futuro degli stessi allievi a
presentare loro il conto fallimentare di una simile pretesa. La
Consulta islamica, che sta polemizzando a Roma sui massimi
sistemi, non ha nulla da dire in proposito? La stragrande
maggioranza degli studenti musulmani d’Italia non troverà certo
nel “modello” di via Ventura una panacea. Lo stesso Tariq
Ramadan, che gode di grande stima soprattutto presso le nuove
generazioni islamiche europee nonché nipote del fondatore dei
Fratelli Musulmani, nel suo ultimo libro tradotto in italiano
denuncia senza mezzi termini: “se consideriamo la totalità delle
comunità musulmane che vivono in Occidente, queste scuole non
accolgono che una piccola percentuale di bambini e in questo
senso difficilmente possono apparire come ‘la soluzione’...
occorre studiare i motivi che hanno portato alla creazione di
simili scuole: nella maggior parte dei casi, l’obiettivo era
quello di proteggere i giovani dalla cattiva influenza delle
società, di allontanarli da un ambiente malsano, di farli vivere
‘tra musulmani’... ciò che si ottiene, a ben guardare, sono
spazi chiusi, ‘artificialmente islamici’, quasi totalmente
distaccati dalla società circostante... Il personale docente
d’altronde è spesso poco preparato, e molti degli insegnati non
hanno alcun bagaglio pedagogico...”. Quanti parlano senza
competenza della questione sono al corrente che i libri di testo
egiziani sono sempre più ‘islamizzati’ e che in Egitto non
esistono docenti di arabo che non siano musulmani, non solo
nelle scuole statali, ma persino in quelle private e straniere,
poiché un ‘infedele’ non è ritenuto degno d’insegnare la lingua
sacra del Corano?
Giuseppe Samir Eid
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