15/1/95
1. Divario demografico
L'Italia e l'Europa si stanno trasformando, a causa del fenomeno
migratorio, in contesti multiculturali, dove persone di lingua,
religione e cultura diversa vivono fianco a fianco. L'islam è una
realtà sempre più presente nelle nostre città, anche se per molti
versi sconosciuta.
Uno dei motivi dell'immigrazione verso l'Europa è la forte crescita
demografica che si è verificata sull'altra sponda del Mediterraneo. La
popolazione del Nord, al termine della seconda guerra mondiale, era
circa il doppio di quella del Sud del bacino mediterraneo. A 50 anni
di distanza il Nordafrica e il
Medioriente hanno colmato il divario nei confronti
dell'Europa mediterranea: la proporzione è attualmente di 1 a 1.
Lo sviluppo demografico non è stato accompagnato, nel Sud del
Mediterraneo, da altrettanti miglioramenti economici. In più, la
popolazione europea, più ricca ma anche più vecchia, ha offerto spazi
all'invasione pacifica di persone provenienti da paesi lontani
geograficamente e culturalmente. Questi immigrati, cresciuti in paesi
dove non si concepisce la separazione tra religione e stato, dove
anzi, come nelle nazioni di cultura islamica, la libertà di scelta
religiosa subisce forti limitazioni, per di più non è consentita se
non in senso unilaterale, finiranno inevitabilmente per provocare seri
problema di convivenza. Ed il flusso da Sud a Nord sembra destinato a
crescere ancora.
La tentazione dell'Occidente, di fronte a questa imponente
immigrazione, è quella di alzare un muro: una barriera di protezione,
formulata in leggi, che allontani la preoccupazione di dover pensare
ad un comune destino nel segno della pace e della giustizia. Sbaglia
perché chi crede che servano leggi o bastino seri controlli di polizia
per disinnescare la mina dell'immigrazione indiscriminata, con le sue
conseguenze sociali. Serve piuttosto la capacità e la volontà di
interagire, trasformando la molteplicità culturale in reciproco
vantaggio.
L'evoluzione tecnologica permette anche ai popoli più lontani di
intrecciare relazioni ad ogni livello. D'altra parte, difficilmente
una società vive senza contraccolpi i rapidi cambiamenti in cui si
trova coinvolta. Ecco perché la gestione di questi processi di
cambiamento è particolarmente delicata e non può essere lasciata
all'improvvisazione dei singoli, non può essere orientata dalla
ricerca di un ritorno economico. E' dunque responsabilità dei governi
dei paesi che si affacciano sul Mediterraneo stabilire politiche
coordinate che permettano di trasformare la conoscenza reciproca e la
collaborazione in una risorsa positiva.
2. Immigrazione recente
La vita dei cristiani arabi nei paesi del
Medioriente
e del Nordafrica a maggioranza musulmana,
come abbiamo visto in precedenza, oggi non è per niente facile. Da una
parte c'è la spinta costante verso l'islamizzazione, dall'altra
l'urgenza della sussistenza economica che costringe spesso
all'emigrazione in Occidente. Per motivazioni opposte, i musulmani in
Europa e i cristiani in Medioriente si
trovano a vivere situazioni conflittuali con il contesto sociale in
cui sono immersi. Va tenuto però in conto il fatto che la presenza
musulmana in Europa è recente e in Italia data addirittura pochi decenni.
I cristiani si trovano invece in Medioriente
dalla nascita stessa del cristianesimo, sette secoli prima
dell'avvento dei musulmani. Solo intorno al 638-641 i musulmani si
sono stanziati nella regione grazie, in parte, all'accoglienza dei
cristiani che si è dimostrata poi mal ricambiata. Occorre tenere bene
in mente questa prospettiva storica per comprendere alcune situazioni
altrimenti indecifrabili.
3. Extracomunitari
Celibe, maschio, musulmano, grado d'istruzione molto basso: è questo
l'identikit dell'extracomunitario come viene spesso presentato dalla
stampa e dalla televisione. Si tratta di un giovane alla ricerca di
quel lavoro che non è riuscito ad ottenere nel suo paese d'origine.
Solitamente la sua è un'impresa disperata, a meno che non conosca un
mestiere preciso. Questi immigrati dal Sud si trovano ai margini del
mondo del lavoro, costretti a vivere d'espedienti. Alcuni finiscono
per ingrossare le file della piccola delinquenza.
Gli immigrati dall'Europa dell'Est arrivano sempre più numerosi nelle
nostre città. Ma la loro presenza non cambia, nella sostanza, il
problema: il flusso maggiore d'immigrazione è ancora quello
proveniente dall'Africa del Nord. Di questi immigrati, molti
clandestini, la stragrande maggioranza è musulmana. E' un fatto,
questo, che non va trascurato nella lettura del fenomeno
dell'immigrazione. Ognuno porta con sé il proprio bagaglio culturale
fatto di tradizioni e costumi. L'islam e la cultura che esso esprime
sono in sostanza una specie di lente prismatica con cui guardare il
mondo. Proprio attraverso questa lente, per quanto inadatta, gli
immigrati islamici giudicano la società occidentale. Una delle prime
realtà che si trovano a sperimentare è quella dell'organizzazione
giuridica e politica dei nostri stati. Tutti i paesi a maggioranza
islamica sono governati attraverso sistemi che non sono assolutamente
paragonabili alle democrazie occidentali. Per questo motivo, salvo
eccezioni, gli immigrati islamici non sono preparati all'esercizio
della libertà.
I giovani musulmani che approdano in Europa entrano in contatto con
una mentalità completamente differente. Il forte choc psicologico
provoca uno stato di disorientamento, che può produrre incomprensioni,
frustrazioni e provocare la creazione di una situazione rischiosa
qualora lo stato ospitante lascia gli immigrati in una situazione di
abbandono materiale e peggio ancora di abbandono psicologico
culturale. Ecco perché è importante per queste persone avere dei
precisi punti di riferimento. E' in questo contesto di difficoltà
esistenziale che si inserisce il diffondersi dei centri islamici nelle
nostre città. Per molti giovani la religione musulmana diventa l'unico
punto di riferimento chiaro in una società di cui faticano a capire i
contorni. La mentalità occidentale disorienta non poco i giovani
immigrati, disgrega l'uomo musulmano; la religione offre invece una
forte identità personale e crea una solida coesione sociale.
4. I centri islamici
La prima reazione di un musulmano "extracomunitario", specie
quando è abbandonato a se stesso, è spesso di rigetto verso tutto che
che reputa frutto della mentalità e della cultura
occidentale. Un'ospitalità mal ricambiata, lo scarso senso di
accoglienza , oppure usi e costumi differenti creano malintesi ,
provocano nei fedeli musulmani un sentimento di ripulsa. Sono
atteggiamenti questi che non favoriscono l'inserimento e
l'integrazione. D'altra parte c'è difficoltà a capire lo scopo del
servizio di assistenza degli organismi cristiani se viene fornita
priva di chiarimento sullo scopo della gratuità.
In questa situazione di confusione è naturale che i musulmani trovino
rifugio e conforto nel Corano, che è per loro la fonte delle leggi e
della verità. Di conseguenza, ecco il fiorire di istituzioni come i
centri islamici, che permettono di esprimere l'adesione all'islam. Ma
quale islam?
Un aspetto ricorrente dell'attività dei centri è il sottolineare con
insistenza la superiorità della religione musulmana rispetto a tutte
le altre. L'islam è presentato come l'unica fede gradita a Dio e chi
non la professa è destinato perdente nel giorno del giudizio. In più,
si invitano spesso i musulmani a diffidare delle associazioni
caritative cristiane, che mirerebbero soltanto fare proseliti in
cambio di un tozzo di pane. Circolano in Italia, clandestinamente,
audiocassette contenenti veri e propri sermoni anti-cristiani, spesso
al limite del vilipendio. Ci sono poi diverse pubblicazioni che
affrontano problemi di politica interna ed estera con un linguaggio da
guerra santa.
A Milano sono stati concessi, in nome dello spirito d'accoglienza,
anche spazi pubblici ad un centro islamico che ne ha fatto richiesta.
Così in un Centro Sociale del comune , è stata aperta una biblioteca e
si tengono cicli di conferenze. Di fatto la biblioteca è gestita esclusivamente
in chiave islamica (e spesso anti-cristiana), con libri in arabo che
inneggiano all'islam e che, per il loro contenuto anti-occidentale,
non favoriscono certo l'integrazione. Le conferenze che si tengono
presso il centro sono nei fatti, molto di frequente, vere e proprie
lezioni di morale islamica con rigide discriminazione delle donne.
Tahar Ben Jalloun,
uno dei maggiori scrittori marocchini, riconosce che l'islam diventa
in molti casi un'ideologia politica totalitaria, una leva formidabile
nelle mani di chi è deciso a tutto pur di conquistare il potere.
Questa strumentalizzazione rischia di riprodursi anche all'interno dei
centri islamici che, con i loro adepti, finiscono per costituire vere
e proprie enclave nei paesi ospitanti.
Eppure i centri islamici, oltre alla loro funzione religiosa,
potrebbero, volendo, essere un ponte prezioso tra la realtà del paese
d'origine e la nuova società in cui l'immigrato si trova a vivere. Le
convergenze tra le due religioni sono numerose. Cristiani e musulmani
credono nell'unico Dio, nella resurrezione, nel giudizio universale,
nel paradiso e nell'inferno. Praticano , anche se con tempi e modalità
diverse, il digiuno, il pellegrinaggio, l'elemosina ai più poveri, la
preghiera giornaliera. ll Corano testimonia
la vicinanza tra cristiani e musulmani, dunque non c'è nessuna
motivazione, men che meno a livello
religioso, per nutrire ostilità.
Sarebbe utopia ritenere che un giorno i centri islamici possano
collaborare con le associazioni caritative cristiane, la Chiesa, le
istituzioni pubbliche per risolvere i problemi legati
all'immigrazione?
In un mondo in cui le comunicazioni mettono gli uomini sempre più in
contatto tra loro, la scelta tra il dialogo e il confronto è una
scelta tra la vita e la morte. In questo contesto, il dialogo
islamo-cristiano riveste una importanza primaria
per l'avvenire dell'umanità. Si può immaginare il ruolo che possono
svolgere i cristiani d'Oriente in questo campo, a partire dalla loro
comunione di fede con l'Occidente cristiano e dalla loro comunione
culturale con l'Oriente musulmano.
5. Europa terra di missione islamica
E' opinione comune di numerosi esponenti islamici del mondo laico ed
universitario che l'amicizia e la fede in Dio siano premesse
indispensabili per avviare la risoluzione dei problemi tra gli uomini.
Il fondamentalismo, secondo loro, è soltanto il risultato della
povertà, dell'ignoranza e delle continue delusioni oltre a la
questione palestinese che ha infiammato gli animi dei musulmani in
tutta la regione. I governi, secondo loro,
non avrebbero in sostanza saputo rispondere alle esigenze della
società musulmana inducendogli a cercare nel Corano la certezza del
futuro e le risposte a quei problemi che le istituzioni politiche non
hanno saputo trovare.
Nonostante la posizione espressa sia nel complesso moderata, questi
intellettuali guardano con favore all'emigrazione dei giovani in
Occidente. Anche se la motivazione è essenzialmente economica, li
considerano tuttavia importanti pedine nell'espansione islamica in
Europa. Sono ben visti anche i matrimoni misti con ragazze cristiane,
purché costituiscono il primo passo verso l'islamizzazione della
famiglia europea.
Nei paesi arabi cresce sempre più il numero di donne cristiane sposate
a musulmani. Il matrimonio in molti casi è avvenuto in Europa; in
seguito la donna ha seguito il marito nel paese d'origine. La
condizione di queste donne, in un contesto dominato dall'islam, è
spesso problematica. Anche in Italia, con l'aumento dell'immigrazione
dal Nordafrica e dal Medioriente,
sono aumentati i matrimoni misti e le unioni di fatto senza vincolo
matrimoniale, che generano in molti casi problemi inaspettati per il
coniuge occidentale anche quando questi non è cristiano praticante.
Per questo motivo chi pensa di intraprendere un'esperienza coniugale
con un musulmano, è bene si informi a fondo sulle leggi vigenti nel
paese d'origine del partner. Nei paesi arabi o islamizzati, la legge è
comunque sempre dalla parte del musulmano a scapito del non-musulmano.
I vincoli giuridici con lo stato, all'interno del matrimonio, verso i
figli: tutto è a vantaggio del cittadino musulmano. Naturalmente la
posizione giuridica del coniuge cristiano migliora dopo la sua
conversione all'islam e l'abbandono della religione originaria.
Questa disparità giuridica è ancora più grave quando il coniuge non
musulmano è donna. Per chi decide di sposare un musulmano diventa
oggettivamente difficile continuare a professare la propria fede.
Eppure la testimonianza cristiana, pur discreta, nel contesto della
famiglia islamica potrebbe creare nuove opportunità di dialogo,
favorendo la conoscenza reciproca e il rispetto tra i credenti
dell'unico Dio. Certo è necessario un lavoro di sostegno nei confronti
di questi cristiani, soprattutto donne, che si trovano immersi nella
realtà islamica.
A livello giuridico la Francia per prima ha raggiunto un accordo con
l'Algeria per cercare di mitigare la situazione d'inferiorità in cui
finisce per trovarsi il coniuge occidentale nei matrimoni misti.
L'accordo prevede che valga il diritto matrimoniale del paese dove si
sono contratte le nozze.
6. Studenti musulmani in Occidente
Sono molti, ormai, i giovani musulmani che arrivano in Occidente per
motivi di studio. Una volta raggiunta la laurea, non tutti ritornano
però nel paese d'origine. Anzi, la maggior parte si stabilisce in
Europa, dove trova indubbiamente maggiori opportunità lavorative.
Quasi sempre l'integrazione di questi giovani nella società
occidentale ha successo, tanto che alcuni diventano affermati
professionisti. E' un fenomeno, questo, che se da una parte suscita
ammirazione, dall'altra non può non provocare rammarico: quante
occasioni sprecate per migliorare i rapporti tra mondo islamico e
mondo occidentale!
Questi giovani musulmani, dopo gli anni di studio, forti delle loro
esperienze e della familiarità raggiunta con la cultura occidentale,
potrebbero svolgere in patria un importantissimo ruolo: farsi
"ponte" tra la civiltà occidentale e quella orientale,
trasmettendo il bagaglio culturale acquisito nel rispetto della
propria identità culturale. Paradossalmente, coloro i quali si
stabiliscono in Occidente finiscono per assumerne in maniera acritica
la cultura, perdendo la propria identità. Insomma, spesso i musulmani,
a contatto con la cultura dell'Occidente, sperimentano i due
atteggiamento opposti: l'omologazione o il rigetto, con le conseguenti
chiusure in chiave integralista.
Certamente l'immigrazione, specie quando è massiccia, provoca nei
paesi ospitanti diversi problemi. Ma essa rappresenta anche un fattore
di stimolo: la testimonianza di fede dei musulmani può aiutare a
vincere l'eccessivo individualismo della nostra società; a livello
religioso può contribuire ad invertire la rotta di una devastante
secolarizzazione.
Attraverso la collaborazione cristiani e musulmani possono contribuire
allo sviluppo di quei paesi nel mondo che patiscono condizioni di
sottosviluppo, le stesse che stanno alla base del fenomeno migratorio.
La tecnologia da sola non basta a creare sviluppo. Il cambiamento
all'interno di una società avviene quando esistono le condizioni
culturali perché esso si compia. Per questo è necessario lavorare
insieme per uno sviluppo integrale. L'immigrazione musulmana in
Occidente è recente, come abbiamo visto, ma rischia di non riuscire a
cogliere i fattori che potrebbero favorire lo sviluppo delle società
d'origine nel rispetto della propria identità culturale. In questo
senso la chiusura e l'irrigidimento delle comunità islamiche presenti
in Europa sono fonte di preoccupazione.
7. Credenti: una presenza rinnovata
L'Occidente secolarizzato può diventare un'importante palestra della
fede: un luogo dove avviare il dialogo interreligioso tra musulmani,
ebrei e cristiani in vista della pace e della rinascita religiosa. E'
una sfida questa che Giovanni Paolo II ha più volte richiamato nel suo
pontificato.
Per prima cosa i cristiani devono superare ogni complesso di
inferiorità nei confronti dei musulmani, prendendo ad esempio la
figura di Massignon, la cui vita è segnata
da un sostanziale ottimismo della fede. La riscoperta
dell'insegnamento di questo grande islamologo
ci può indubbiamente aiutare a cogliere la profonda religiosità
musulmana e i legami spirituali che esistono con il Vangelo. L'opera
di Louis Massignon, accademico di Francia, è
insomma tutta volta al dialogo interreligioso. Distintosi negli studi
sul mondo musulmano al punto da essere chiamato a far parte
dell'Accademia di Lingua Araba del Cairo, Massignon
fu come folgorato dalla mistica musulmana, soprattutto dalla figura di
Ibn Mansur
al-Hallaj, il maestro soufi
crocifisso e arso vivo alla Porta dell'Arco di Bagdad nel 922.
Scriveva
Massignon: "Esiste un popolo
che nessuno veramente ama, perché nessuno veramente conosce, e che
nessuno veramente conosce perché nessuno veramente ama. Questo popolo
è il popolo musulmano. Sento il dovere di dedicare tutta la mia vita
per farlo conoscere e amare dai cristiani" (P. Giulio
Basetti Sani O.F.M., Louis Massignon
1883-1962, Alinea Editrice 1985, p.73). Chiedeva poi la recita
dell'Angelus nello stesso momento in cui i musulmani, cinque volte al
giorno, si dedicano alla preghiera coranica. Louis Massignon
era riuscito a far cogliere ai suoi amici l'importanza della
testimonianza dei cristiani orientali in terra d'Islam. Deve insomma
risaltare ben chiara la convinzione che cristiani e musulmani
appartengono, pur con le reciproche differenze, allo stesso Padre e
Signore dell'universo. Il cristiano deve affermare con risolutezza che
Dio non è monopolio di nessuno, ma è il Dio di tutti gli uomini: a
qualunque razza, cultura o popolo essi appartengano.
Non può affievolirsi infine l'impegno nel campo della cultura,
attività che racchiude in sé diversi aspetti. Occorre diffondere in
Occidente la conoscenza del patrimonio culturale orientale;
rivitalizzare le ricchezze culturali ereditate dalle civiltà che ci
hanno preceduto. Uno dei punti nodali è quello della reciproca
comprensione: ecco allora l'importanza di cogliere le diverse
sfumature e i diversi atteggiamenti culturali. La mentalità orientale
fatica a cogliere alcuni aspetti dell'Occidente e viceversa. Di qui la
necessità di approfondire e spiegare.
Ciò che dobbiamo evitare è lo scenario che prospetta Gilles
Kepel nel suo libro La revanche
de Dieu: il conflitto tra ebrei, musulmani e
cristiani per la conquista del mondo. In tutti deve rendersi chiara la
convinzione che Dio è di ogni uomo. Se crediamo nel Dio di tutti gli
uomini, nessuna fede può arrogarsi l'esclusività di Dio.
8. I vescovi italiani
Le parole del card. Biffi:
Avvertendo l'esigenza di una seria riflessione sull'islam e sui
musulmani immigrati il cardinale Biffi nella Sua Nota pastorale nel
1992 dichiarava: " Aiutarli (i musulmani venuti tra noi)- e
aiutarli incondizionatamente, senza ricatti- a trovare cibo, alloggio,
lavoro, ci è richiesto dalla nostra fede che deve farsi attenzione
fattiva verso chi è nella necessità, chiunque esso sia; ma per sé non
è compito statutario della comunità cristiana in quanto tale: è
compito della società covile. (...) Nessun timore di essere accusati
di proselitismo può raggelare il nostro slancio apostolico. Il
proselitismo, che noi fermamente respingiamo, consiste nel non
rispettare la libera autonomia delle persone a decidere o nel cedere
alla tentazione di percorrere per cristianizzare le vie della
violenza, dell'astuzia, delle indebite pressioni psicologiche."(
Bollettino dell'Arcidiocesi di Bologna.LXXXIII
,1992).
Le parole del card. Martini:
Sui problemi culturali che la presenza dell'islam fa sorgere nel
nostro mondo occidentale è intervenuto anche il card. Carlo Maria
Martini nella festa di S. Ambrogio, patrono della città di Milano, il
6 dicembre 1990. Considerando con stima e attenzione i valori della
fede islamica, l'omelia, edita poi in un opuscolo intitolato Noi e
l'islam, ha inteso offrire anche precise indicazioni alle comunità
cristiane circa il dovere dell'accoglienza, non eludendo però i nodi
problematici che ostacolano un rapporto più fraterno con i musulmani.
Il card. Martini ha richiamato la situazione delle comunità cristiane
nei paesi a maggioranza islamica, auspicando "rapporti di
uguaglianza e di fraternità, e per ciò insistiamo ed insisteremo
perché a tali rapporti si conformi anche il diritto e il costume
vigente nei paesi musulmani riguardo ai cristiani, perché si abbia una
giusta reciprocità.
Ha ricordato come la ricerca di un obiettivo comune di rispetto e di
mutua accettazione richieda il superamento del pregiudizio, fortemente
radicato nella mentalità islamica, secondo cui i non musulmani sarebbero
di fatto non credenti.
L'arcivescovo ha poi sottolineato la necessità di far comprendere alle
comunità musulmane che in Europa i rapporti tra stato e organizzazioni
religiose sono profondamente diversi rispetto al loro paese: "Se
le minoranze religiose hanno tra noi quelle libertà e diritti che
spettano a tutti i cittadini, senza eccezione, non si può invece fare
appello, ad esempio, ai principi della legge islamica per esigere
spazi e prerogative giuridiche specifiche".
Al di là dei problemi di natura sociale, il cardinale non ha mancato
di porre l'accento sulla religiosità dell'islam: "Si tratta di
una fede che avendo grandi valori religiosi e morali ha certamente
aiutato centinaia di milioni di uomini a rendere a Dio un culto onesto
e sincero e insieme a praticare la giustizia". Ed ha proseguito:
"In un mondo occidentale che perde il senso dei valori assoluti e
non riesce più in particolare ad agganciarli a un Dio Signore di
tutto, la testimonianza del primato di Dio su ogni cosa e della sua
esigenza di giustizia ci fa comprendere i valori storici che l'islam
ha portato con sé e che ancora può testimoniare nella nostra
società".
Sapranno i leader religiosi cogliere il fenomeno dei flussi migratori
quale fattore di comunione, e non di divisione, perché avvenga il
Regno di Dio, Unico e comune a tutti, sulla terra?
Giuseppe Samir
Eid